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Il potere del paragone

Argenta - Portomaggiore

Il potere del paragone

“Ho sempre provato a paragonarmi alla bravura di altre persone, esercitandomi in doti che non mi appartenevano, percorrendo vie che mi portavano a perdere la vera me . Odiavo riuscire bene, ma non al meglio, fare della strada ma mai arrivare. Poi ho capito. Devo crearmi io il mio percorso, la mia dote, il mio stile. E per forza risulterò adeguata e sarò in pace con me stessa, non esisteranno più metodi di paragone. Solo io e il mio modo di vedere le cose. Punto, fine.”

Perché sul serio, è veramente questa la rovina degli uomini : il paragone. Fare tutto in funzione di qualcos’altro, di qualcun’altro, per un fine ed uno scopo che si brama raggiungere. Persi in una valle piena di pensieri contrastanti, lotte di pensiero, attriti religiosi ed intellettuali. Patetico.
Io mi chiedo, ma che senso ha?
Se ognuno vivesse in funzione di se stesso sarebbe tutto più semplice. I contrasti sono una delle invenzioni più inutili dell’uomo.
” Io faccio il mio, tu fai il tuo, se vuoi ci aiutiamo, magnifico. Ma ognuno giudica il proprio, ognuno fa del proprio quello che crede, secondo la sua personale volontà.”
Ecco, se fosse realmente così sarebbe perfetto, saremmo tutti dei geni incompresi e nessuno verrebbe etichettato come strano o diverso, perché in fondo lo saremmo tutti.
E in fondo, senza usare verbi ipotetici, lo siamo. Ma non ce ne accorgiamo, o meglio la maggior parte di noi tende a non rendersene conto. Ci si fissa troppo su modi per apparire simili, uguali, identici. Per appartenere a qualcosa,forse per non sentirsi soli. Si pensa che così sia meglio: riunirsi in gruppi per affrontare il mondo. Ma è tutto un grandissimo belf. È come in quel gioco di psicologia: si dice un numero e i giocatori devono raggrupparsi in gruppi di quella determinata cifra. E così facendo rimangono sempre alcune persone al di fuori, escluse, emarginate dal gioco. Vengono chiamate perdenti.
Così è nella vita.
Ma se fossimo tutti una cosa a sé, un gruppo a sé, non ci sarebbe né perdente né vincitore. Se tutti ci proclamassimo Noi e basta, senza paragone né giudizio esterno, saremmo tutti allo stesso livello poiché ingiudicabili ed imparagonabili. Ma ovviamente non si può, è impossibile ambire a questo tipo convivenza. Perchè oramai esiste la società. Il suo tessuto è talmente intrecciato e annodato che disfarlo risulterebbe un’ impresa insormontabile. E anche se si riuscissero a snodare quei nodi e quegli intrecci, il filo che ci rimarrebbe fra le mani sarebbe tutto stropicciato, rovinato dalla stretta del tempo. Bisognerebbe ritornare indietro negli anni, fino alla preistoria per reimpostare ogni cosa nel giusto modo. Ma magari sarebbe comunque un tentativo vano, si ripercorrerebbero sempre gli stessi passi, sbagliando di nuovo. Forse allora è così che doveva,deve e dovrà continuare ad essere la natura dell’uomo. Un continuo cucire sbagli a cui lui stesso si riprometterá di dare rimedio, perfettamente conscio, tuttavia, che non lo farà,
perché non ne possiede le capacità.

 

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